SETTIMANA DELLA CUCINA ITALIANA
La cucina italiana, le radici della nostra cultura culinaria
La storia della cucina italiana ha subito l’influenza di tutti i popoli che, nel corso dei secoli, hanno lasciato il loro segno, non solo artistico e culturale ma anche gastronomico. Romani, greci, arabi sono solo alcuni dei popoli che hanno contribuito a creare una tradizione culinaria che dura ormai da secoli.
La storia della cucina italiana procede a stretto contatto con quelli che sono stati i comportamenti umani durante i secoli. Conoscere la storia della cucina tradizionale italiana, i suoi cambiamenti, le sue radici è un passaggio fondamentale per noi italiani.
Nell’arte antica culinaria, la raccolta delle migliori ricette fu attribuita a Celio Appiccio, oracolo dei cuochi di Roma Imperiale. Di costui si racconta che dilapidato il suo patrimonio, nei piaceri della tavola, si avvelenò per paura di morire di fame. Il suo fu il primo ricettario scritto in Italia. Trascorsi gli arbori della Roma Imperiale tra la gente latina, irruppero i mongoli, scandinavi, mangiatori di carne cruda. Nel medioevo la gente affamata dalle guerre era abituata a mangiare miglio o erbe selvatiche dei campi abbandonati, e così mentre si andava verso la civiltà feudale rinasce, anche il piacere dei banchetti, preannunciando così una nuova era.
Siamo già nel Duecento, quando inizia a circolare il denaro ed i mercanti iniziarono ad arricchirsi. Si organizzano banchetti, feste ed i cuochi, vengono chiamati e pagati a giornate ed è proprio in queste occasioni che si fanno pagare esageratamente. A tal proposito intervenne anche il governo regolando e limitando le pretese dei cuochi.
Nel Trecento si continua a banchettare, ma iniziano a vedersi sulle tavole, ricche tovaglie, vasellame d’oro e d’argento, nelle grandi occasioni. I commensali usano mangiare ancora in due o tre nello stesso piatto. Le forchette non esistevano ancora, c’erano solo coltelli e cucchiai. A fine pasto ogni commensale era solito lavarsi le mani con dell’acqua profumata. Mentre erano a tavola si pulivano le mani sfregandole agli angoli delle tovaglie o addirittura sulle maniche dei lori vestiti. Erano soliti banchettare con carni arrosto o pesce, ed a fine pasto frutta o qualche frittella al miele o insaporite da spezie.
A quei tempi si giudicava la ricchezza di una persona, in base al cibo che serviva in tavola. Per questo a volte si esagerava e gli arrosti venivano ornati con decorazioni dorate. Per esaltare il gusto di queste eccentriche pietanze, si utilizzavano varie salse a base di aglio, cipolla, miele e spezie. A quel tempo non esistevano caffè o thè, né cioccolata, né liquori, così questi “eccitanti “venivano sostituiti dalle spezie, come ad esempio cannella, chiodi di garofano, zenzero. Le spezie si trovavano le tante preparazioni salate ed anche dolci, anche il vino subiva l’aggiunta di alcune spezie. Verso la fine del Trecento prese piede l’abitudine di movimentare i banchetti, con degli spettacoli o sfilate di cavalli bardati, sfilavano anche dei falconieri con i loro falchi e tutto per stupire ed intrattenere i commensali.
Arrivati al Quattrocento assistiamo ad una mutazione nell’arte culinaria, sicuramente evolve, migliorandosi; Scoprendo una cucina più leggera e dando anche un ordine, quando venivano servite in tavole le pietanze. È in questo secolo che nasce l’arte dolciaria d’alto livello. Infatti, i cuochi sfoggiano a fine pasto veri e propri Dessert che rappresentano soggetti mitologici. Il Quattrocento è anche l’epoca dell’Umanesimo e delle arti classiche e finalmente compare anche la forchetta.
Nel Cinquecento la cucina italiana raggiunse l’apice; Re e principi stranieri, arrivano in Italia per cercare cuochi capaci di rallegrare le loro mense. La cucina si arricchisce di tutte le raffinatezze, che sono oggi patrimonio, nell’arte culinaria moderna, come la frutta, le verdure cotte nell’olio o nel burro, antipasti gustosi. Nel Cinquecento i cuochi erano anche scrittori dei loro libri di cucina, trascrivendo anche di questi sontuosi banchetti, preparati per i Papi, Re, ed illustri personaggi; Raccontando di come le sale venissero ornate e messe in bella mostra, arricchendo con vasellame d’argento, tovagliati damascati. I commensali onoravano tanta abbondanza, riempiendo le loro tasche a fine pasto, con dolcetti, pasticcini e tutto quello che potevano arraffare.
Nel Seicento la cucina italiana non fece progressi, anche se non mancheranno diverse pubblicazioni. Infatti, alcune preparazioni subiranno rielaborazioni, con aggiunte di nuovi ingredienti e perfezionando tutto quello che era del 400 e 500. È in questo periodo che si diffondono caffè, cioccolato e thè, nuove fonti di gioia per i palati.
Nasce a Venezia nel 1683 il primo locale pubblico, detto Bottega del caffè dove si vende la bevanda tanto nota. Sorgono anche le prime pasticcerie, locali di lusso, di origine francese e i dolciari Italiani erano famosi in Europa per le loro preparazioni Regionali come i cannoli Siciliani o il famoso torrone di Cremona o i buccellati di Lucca. Il gelato, nato nel 500 in Toscana, trova la sua perfezione in Sicilia, ed i pasticceri siciliani emigrano nelle capitali Europee, esportando le loro creazioni, mantenendone i segreti. È infatti nel 1630 che nasce la prima gelateria parigina. gestita da Procopio Coltelli, il “Cafè Procope”, che per circa due secoli fu ritrovo di letterati famosi come Voltaire, Balzac. È quindi la cucina francese che trionfa con i suoi “Potages” e con le sue innumerevoli maniere di cuocere i legumi. Ormai il centro della civiltà Europea si era spostato dall’Italia in Francia.
Arriva finalmente il secolo delle dame incipriate, che oltre a passeggiare intere giornate nei loro giardini sontuosi, vogliono mettere mano nelle cucine e preparare piatti delicati e leggeri come i “consommé”. Ecco che gli arrosti barocchi, vengono sostituiti da spume di pollo, prosciutto, ma era solo un modo per nascondere, la voglia di mangiare tanto; Infatti iniziano i primi ragù dii carne, pasticci di ogni tipo, nascondendo l’abbondanza in piatti ricchi.
Inoltre, è questo il periodo dove si fa sentire l’esigenza di scegliere vivande che non creino danno alla salute. Finiscono pure i banchetti sontuosi e volgari, si raffinano i commensali ma anche i vasellami e gli ornamenti per le tavole. Anche la conversazione tra i commensali diviene più interessante e garbata. Così sul finire del secolo, prima, durante e dopo la Rivoluzione Francese si assiste ad un nuovo fenomeno del gusto.
I più celebri cuochi, invece che ambire di cucinare per servizi si Principi, aprono dei loro locali, i “Ristoranti” dove ognuno, purché facoltoso, può permettersi di mangiare cibi raffinati e scegliere le pietanze. Anche i banchetti trovano posto nei ristoranti, per tutti coloro che hanno voglia di festeggiamenti.
La tradizionale cucina italiana ha ricevuto apprezzamenti in tutto il mondo e i suoi prodotti di grande gusto e genuinità hanno riscosso diversi riconoscimenti. Gran parte dei prodotti italiani, infatti, possono vantare la certificazione DOCG (denominazione di origine controllata e garantita).
I piatti che hanno fatto la storia della cucina italiana sono piatti poveri, semplici, preparati con pochissimi ingredienti. Di contro, le ricette italiane tradizionali sono tante, come svariate sono le rivisitazioni regionali. Il mangiar bene e di qualità sono caratteristiche che, da sempre, hanno caratterizzato il modo di concepire il cibo.
Tanti sono i cibi che oggi fanno parte del nostro patrimonio culinario, ma con origini americane: patate, mais, pomodori sono solo alcuni esempi dei prodotti, non originari del nostro territorio ma per noi, ormai, indispensabili.
Oggi sono le ricette tradizionali, quelle semplici, quelle delle nostre nonne a fare la storia della cucina italiana. Risorse genuine come formaggi, latte, carne, olio, vino sono solo alcuni dei prodotti più rinomati della cucina italiana. È proprio sui piatti tipici della tradizione culinaria italiana che si basano le regole alimentari della nostra Dieta Mediterranea, nella Lista del Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità.
La cucina regionale italiana
Le ricette regionali, che siano campane, pugliesi, marchigiane o piemontesi, offrono una varietà culinaria consistente nel panorama della cucina tradizionale italiana. I piatti, che hanno fatto e che ancora oggi fanno la storia della cucina regionale italiana, sono piatti della tradizione, tramandati da generazioni.
Pizze fritte, in teglia o al forno; formaggi stagionati, freschi o semi stagionati, focacce semplici o farcite, piadine, dolci, ecc. sono solo alcune delle proposte che le cucine regionali italiane ci offrono.
Insomma, andare alla scoperta dei piatti regionali, equivale a fare un viaggio culinario vero e proprio attraverso colori, profumi e ricordi di una tradizione culinaria italiana che ancora oggi fa scuola nel mondo.
La cucina trentina è influenzata, visti i numerosi secoli di appartenenza al Sacro Romano Impero, alla Contea del Tirolo e all’Impero austro-ungarico, sia dalla cucina mitteleuropea sia dalla particolare natura legata all’isolamento storico e geografico delle vallate alpine. Una caratteristica unificatrice è la povertà tradizionale dei piatti tipici, ed un’altra è la presenza di prodotti e materie prime per la cucina che caratterizzano il territorio: patate, mele, granturco, prodotti caseari, speck, alcolici e superalcolici.
Rispetto alle altre regioni d’Italia, non esiste nessun tipo di pasta alimentare tradizionale, alimento che si è largamente diffuso soltanto nel secondo dopoguerra. Tipici primi piatti della tradizione trentina sono le minestre, tra tutte la “minestra d’orzo” (od “orzetto alla trentina”), la Panàda, la Mòsa, il Brö brusà; gli gnocchi, tra tutti gli gnocchi di patate alla trentina, gnòchi de pan e gnòchi de segale. Questa tradizione sfoggia al primo posto i canederli, classicamente composti di pane e carne varia con l’aggiunta di formaggio per i palati più golosi, sono serviti in brodo oppure con burro e salvia.
Come tutte le ricette regionali anche questa è stata sfruttata dai cuochi per la realizzazione di varianti, come per esempio i canederli con verza e puzzone di Moena.
Altro piatto tipico sono gli strangolapreti ovvero gnocchi di spinaci e pane fatti in casa con alcune varianti come quella che prevede l’ortica al posto degli spinaci.
Alcuni piatti qui indicati vengono “ascritti” alla cucina tipica trentina perché se ne fa un largo uso, tuttavia:
La polenta è diffusa in tutta Italia e: Veneto, Valle d’Aosta, Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna e Friuli-Venezia Giulia ne sono, a loro volta, fortissimi consumatori;
Molti piatti, come i canederli o (Knödel), i crauti, lo strudel e lo speck e tanti altri, hanno origine austriaca e, visto la lunga tradizione e la storia che lega il Trentino al Tirolo, si sono diffusi prevalentemente attraverso l’Alto Adige ma sono diffusamente presenti anche in Trentino perciò alcune voci sono in comune (con nomi diversi) con la cucina altoatesina;
Gli “uccelletti scappati” infine sono a loro volta diffusi in tutta Italia. L’origine parrebbe ascriversi all’area del bergamasco dove (tuttora) è un piatto tipico l’accompagnare la polenta con “spiedi” di uccellini. La dizione “scappati” indica chiaramente un ripiego nel caso in cui l’esito della caccia non avesse dato i risultati sperati. La versione di “uccelletti scappati” più conosciuta e diffusa è la ricetta bolognese. Con ripieno di mortadella (o prosciutto), formaggio, foglia di salvia, poi saltati in padella.
Strangolapreti alla trentina, vedi il file.