Dal Trentino

Il Giorno della Memoria, dedicato alla commemorazione delle vittime dell’Olocausto

Il Giorno della Memoria cade ogni anno il 27 gennaio. L’evento si celebra ogni anno in Italia e nel resto del mondo: ma cosa si intende per “memoria”? E perché, e soprattutto cosa è importante ricordare? Cercheremo di chiarire il senso e la storia di una giornata commemorativa – istituita in Italia nel 2000 ed in tutto il mondo nel 2005 – che non va considerata tanto come un omaggio alle vittime del nazismo, quanto un’occasione di riflessione su una storia che ci riguarda da molto vicino.

Il 27 gennaio 1945 è il giorno in cui, alla fine della Seconda guerra mondiale   – i cancelli di Auschwitz vengono abbattuti dalla sessantesima armata dell’esercito sovietico. Il complesso di campi di concentramento che conosciamo come Auschwitz non era molto distante da Cracovia, in Polonia, e si trovava nei pressi di quelli che erano all’epoca i confini tra la Germania e la Polonia. Con l’avvicinarsi dell’Armata Rossa, già intorno alla metà di gennaio, le SS iniziarono ad evacuare il complesso: circa 60.000 prigionieri vennero fatti marciare prima dell’arrivo dei russi. Di questi prigionieri, si stima che tra 9000 e 15000 sarebbero morti durante il tragitto, in gran parte uccisi dalle SS perché non riuscivano a reggere i ritmi mostruosi della marcia. Altri prigionieri, circa 9000, erano stati lasciati nel complesso di campi di Auschwitz perché malati o esausti: le SS intendevano liquidarli, ma non ebbero il tempo necessario per farlo prima dell’arrivo dei sovietici.       

La Vita e il Diario di Anna Frank

  Annelies Marie Frank detta Anne (italianizzata in Anna Frank), nacque a Francoforte in Germania, il 12 giugno 1929, da una famiglia di patrioti tedeschi di religione ebraica.

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La sua famiglia era composta dal padre, Otto Heinrich Frank, la madre, Edith Hollander e la sorella maggiore, Margot Betti Frank.

Il 30 gennaio 1933, Hitler prestò giuramento come Cancelliere nella camera del Reichstag (equivalente di primo ministro), meglio noto come Führer, e iniziò così la sua ascesa verso la dittatura e le persecuzioni razziali. Nell’estate dello stesso anno, in seguito alle leggi razziali emanate da Hitler, la famiglia Frank si trasferì in Olanda e precisamente ad Amsterdam.

Herr Otto, ebreo liberale ed ex tenente tedesco. Così ritrovò il diario  della figlia Anne - la Repubblica
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Il padre, Otto Frank, aprì un’azienda e trovata la giusta abitazione con la moglie, fu raggiunto, prima, dalla primogenita, Margot, e in seguito, nel febbraio del 1934, da Anna; entrambe erano state ospiti dalla nonna ad Aquisgrana (confine Germania – Olanda).

Ana Frank, la creación de un documento humano - Música y Libros - Cultura -  ELTIEMPO.COM
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In breve tempo la famiglia Frank si ambienta e inizia un periodo felice, anche s’è destinato a finire presto. Anna e la sorella vengono iscritte al Liceo ebraico e, nonostante le restrizioni, continuano a condurre una vita sociale intensa, grazie soprattutto allo sforzo dei genitori, impegnati a non far pesare questo stato di cose.

Anna Frank-margot - VeniVidiVici

Anna e Margot Frank insieme alla madre prima del Nazismo
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Il 10 maggio 1940 i tedeschi invadono l’Olanda, e comincia a girare nell’aria la paura che la persecuzione stia dilagando oltre i confini della Germania. Otto, molto previdente, stava cercando un posto sicuro dove rifugiarsi, poiché numerose famiglie ebree, con il pretesto di essere spedite nei campi di lavoro in Germania, sparivano nel nulla e, sempre più insistenti, correvano voci sulla creazione, da parte dei nazisti, delle “camere a gas”.

Nel mese di luglio del 1942 una lettera gettò i Frank nel panico: era una convocazione per Margot, con l’ordine di presentarsi per un lavoro ad “est”.

Non c’era più tempo da perdere: l’intera famiglia decide di entrare nella clandestinità per sfuggire ai rastrellamenti nazisti e si nasconde insieme ad un’altra famiglia di amici, la famiglia Van Peels, e il dentista ebreo Rritz Pfeffer, nell’Achterhuis, uno spazio a due piani posto sopra l’azienda di Otto Frank.

IL GIORNO DELLA MEMORIA – Lions Palermo dei Vespri

Anne Frank e la sua famiglia,Casa Museo Anna Frank.

La porta d’ingresso all’Achterhuis era nascosta da una libreria e per quanto riguardava il cibo c’erano dei gruppi di amici che, ostili al regime nazista, si preoccupavano di portare cibo e beni di prima necessità ai clandestini ebrei.

Anna Frank e gli altri vissero nascosti per più di due anni, dal 6 luglio 1942 al 4 agosto 1944, e fu durante quel periodo, che Anna Frank scrisse il diario che l’avrebbe resa celebre al mondo come simbolo della Shoah, raccontando le sue paure, l’ambizione di diventare scrittrice e il passaggio dall’infanzia all’adolescenza con la scoperta di sentimenti verso Peter, il figlio dell’altra famiglia, e i primi conflitti con i propri genitori.

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Casa Museo Anna Frank

Al primo agosto 1944 risale l’ultima pagina del diario di Anna, poi più nulla.

Venerdì 4 agosto 1944, durante una tranquilla mattina, che sembrava come tutte le altre, la polizia fa irruzione nell’ufficio e nell’alloggio segreto, grazie ad una soffiata: tutti i rifugiati ed i loro soccorritori vengono arrestati. Si concludeva così il periodo di costrizione nel nascondiglio e iniziava il viaggio verso l’inferno.

L’8  agosto  1944  i  Frank  ed  i  Van  Daan  furono  trasferiti  nel  campo di Westerbork, in Olanda.

Questo, era un campo di smistamento da cui, il 2 settembre del 1944, Anna Frank e il resto del gruppo furono caricati su un treno merci con destinazione il campo di sterminio di
Auschwitz (oggi Oswiecim, in Polonia) dove arrivarono il 6 ottobre 1944.

Anna Frank insieme a sua sorella Margot, trascorsero circa un mese ad Auschwitz-Birkenau e poi il 28 ottobre 1944 furono trasferite nel campo di Bergen – Belsen, ( Hannover, in Germania ).

Bergen Belsen, non era un campo di sterminio, ma di scambio, non esistevano camere a gas, per cui rimaneva ancora una speranza di salvezza per le due sorelle.

Nel mese di febbraio del 1945 le Frank furono colpite dal tifo: una delle donne sopravvissute si ricorda di aver visto, in pieno inverno, che Anna, nelle allucinazioni provocate dalla febbre, aveva gettato via tutti i vestiti e si teneva stretta addosso solo una coperta delirando di alcune bestioline che le camminavano addosso, poi mormorava in maniera desolata: “…non ho più la mamma né il papà, non ho più niente…“. Malate, denutrite, le due ragazze si spegnevano ogni giorno di più. Margot morì per prima, Anna resistette altri due giorni: era marzo del 1945.

Tre settimane più tardi le truppe Alleate inglesi liberarono il campo di prigionia.

L’unico sopravvissuto del gruppo di partenza, fu Otto Frank che, dopo essersi rimesso, tornò ad Amsterdam, e lì, Miep, uno degli amici che avevano supportato la clandestinità della famiglia Frank, gli consegnò il diario che Anna aveva scritto durante il periodo nel nascondiglio.

Il padre di Anna Frank, utilizzando il materiale composto dalla figlia e apportando alcune modifiche e cancellazioni, pubblicò nel 1947 l’opera letteraria con il titolo di Het Achterhuis (Il retrocasa).

Solo dopo la morte di Otto Frank, la fondazione Anne Frank di Basilea commissionò alla scrittrice Mirjam Pressler, il compito di creare una versione fedele agli scritti di Anna Frank, recuperando le parti che il padre aveva modificato e cancellato; fu così, che uscì la versione ufficiale de “Il Diario di Anna Frank”.

Nel rifugio

Picchia mio figlio e legge Anna Frank": il caso in classe - Tiscali Notizie

Dal 5 luglio 1942 al 4 agosto 1944 le due famiglie ( i Frank e i Van Daan ) vissero recluse nell’alloggio segreto, senza mai vedere la piena luce del giorno per via dell’oscuramento alle finestre, l’unico pezzetto di cielo poteva essere intravisto dal lucernaio della soffitta, dove tenevano ammucchiati i viveri “a lunga scadenza”, come fagioli secchi e patate.

Il diario di Anna è una cronaca preziosissima di quei tragici due anni: una descrizione minuziosa delle vicissitudini di due famiglie costrette a convivere in pochi metri quadrati di spazio, i caratteri degli abitanti, le piccole manie di ognuno, gli scontri, le liti, gli scherzi, i malumori, le risate e, sopra di tutto, il costante terrore di essere scoperti: “…mi sono terribilmente spaventata, ebbi un solo pensiero, che stessero venendo, chi lo sai bene…” (1 ottobre 1942).

Secondo giorno- La casa di Anna Frank. – M e . i n . M i l a n

Del resto le notizie che arrivavano dall’esterno erano spaventose: intere famiglie ebree, fra cui molti loro amici, erano state arrestate e deportate nei campi di concentramento, da cui, correva voce, e le notizie ascoltate di nascosto alla BBC ne davano conferma.

Casa-museo di Anna Frank – Il Punto Quotidiano
Casa Museo Anna Frank

Ma come trascorrevano le giornate di questi poveri reclusi?

Sempre grazie al diario abbiamo una descrizione minuziosa di come si svolgeva un giornata-tipo. La mattina era uno dei momenti più difficili: dalle 8.30 alle 12.30, bisognava stare fermi e zitti per non far trapelare il minimo rumore al personale estraneo dell’ufficio sottostante, non camminare, bisbigliare solo per stretta necessità, non usare la toilette, ecc.

Casa Museo Anna Frank

Durante queste ore, con l’aiuto del padre di Anna, uomo colto e preparato, i ragazzi studiavano per non rimanere indietro nelle materie scolastiche. Anna detestava la matematica, la geometria, e l’algebra, mentre adorava la storia e le materie letterarie. Inoltre, seguiva un corso di stenografia per corrispondenza. Aveva poi i suoi interessi personali: la mitologia greca e romana, la storia dell’arte, studiava meticolosamente tutti gli alberi genealogici delle famiglie reali europee e nutriva una passione per il cinema, fino al punto di tappezzare le pareti della sua cameretta di foto delle star.

Intanto nel mondo esterno le notizie erano sempre più tragiche, la polizia nazista, con l’aiuto dei collaborazionisti olandesi, compivano ogni sorta di razzie e di retate: un uomo tornava a casa dal lavoro o una donna dalla spesa e trovavano la casa deserta, ed i familiari scomparsi, i bambini tornavano a casa da scuola e non trovavano più i genitori, la casa sbarrata e rimanevano soli al mondo senza nemmeno sapere il perché, i beni delle persone scomparse, ebrei o loro parenti, erano confiscati dalle autorità tedesche.

Anche coloro che aiutavano queste persone disperate, spesso alla forsennata ricerca di un luogo sicuro, ossia un nascondiglio (proprio come avevano fatto i Frank per tempo), correvano gravissimi pericoli, poiché la Gestapo aveva iniziato a praticare la tortura in maniera indiscriminata. L’Olanda versava in uno stato di povertà, procurarsi il necessario per vivere era diventato un’impresa per tutti: ci si arrangiava con la Borsanera. Inoltre i rifugiati, essendo “civilmente scomparsi” non avevano nemmeno diritto ai tagliandi annonari per ricevere i viveri razionati. Si arrangiavano dunque attraverso le conoscenze prebelliche e la distribuzione clandestina.

Anna racconta che la dieta dei reclusi era basata su ortaggi (anche marci), fagioli ammuffiti, cavoli, rarissimi pezzetti di carne, e, soprattutto, patate. Pelare le patate occupava gran parte dei pomeriggi dei rifugiati.

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